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Corte d'Appello di Bologna > Lavoro giornalistico
Data: 23/12/2005
Giudice: Varriale
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 616/05
Parti: SLC-CGIL + Lodari ed altri / Poste italiane SpA
ACCERTAMENTO DI LAVORO SUBORDINATO DI TIPO GIORNALISTICO – REDATTORE ORDINARIO E COLLABORATORE FISSO – ORDINARI CRITERI DI ACCERTAMENTO EX ART. 2094 C.C. – INSUSSISTENZA DELL’INSERIMENTO NELL’ORGANIZZAZIONE AZIENDALE E DELL’ASSOGGETTAMENTO AI POTERI DIRET


Una giornalista ha rivendicato l’accertamento di rapporto di lavoro subordinato ex art. 1 o, in subordine, ex art. 2 CNLG, fondando essenzialmente le sue pretese sull’estensione temporale della prestazione resa e sulla sua continuità. La Corte d’Appello di Bologna, confermando la decisione del giudice di primo grado, dopo aver richiamato l’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui “i caratteri distintivi del rapporto di lavoro subordinato sono costituiti dall’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale e dal suo assoggettamento ai poteri direttivi e disciplinari del datore di lavoro (con conseguente limitazione di autonomia) e tali caratteri sono i medesimi per qualunque tipo di lavoro, pur potendo essi assumere aspetti e intensità diversi in relazione alla maggiore o minore elevatezza delle mansioni esercitate o al contenuto (più o meno intellettuale /o creativo) della prestazione pattuita” (Cass. 29.11.2002 n. 16997; Cass. 9.6.1998 n. 5693, Cass 12.8.1997 n. 7494; Cass. 28.7.1995 n. 8260), ha ribadito che nel lavoro giornalistico non sussiste un concetto di subordinazione quantitativamente affievolito rispetto a quello sancito dall’art. 2094 c.c., ma occorre solo tener presente che le modalità di attuazione del rapporto restano influenzate dalla creatività della prestazione resa dal giornalista e da alcune peculiarità che ne connotano le modalità esecutive in relazione all’oggetto della stessa. Pertanto il giornalista subordinato deve essere “tenuto stabilmente a disposizione dell’editore, anche nell’intervallo fra una prestazione e l’altra, per evaderne richieste variabili e non sempre predeterminate e predeterminabili, eseguendone direttive ed istruzioni, e non quando prestazioni predeterminate siano singolarmente convenute, in base ad una successione di incarichi, ed eseguite in autonomia” (Cass. 12.5.2004 n. 9053, Cass. 18.8.2003 n. 12079, Cass. 26.3.2002 n. 4338), intendendosi per stabilità dell’inserimento non la semplice continuità “ma il risultato di un patto, in forza del quale il datore di lavoro possa fare affidamento sulla permanenza della disponibilità senza essere esposto al rischio di doverla contrattare volta per volta” (Cass. 20.8.2003 n. 12252). Continua la Corte d’Appello osservando che una distinzione quantitativa – sotto il profilo della durata e dell’entità dell’impegno richiesto al lavoratore – può essere individuata solo tra la figura del redattore e quella del collaboratore fisso, considerando che essa va operata “con riferimento non tanto alla responsabilità del servizio (astrattamente possibile anche per un redattore), quanto alle caratteristiche dell’impegno temporale richiesto che per il redattore comporta l’osservanza di un orario di lavoro e comunque la quotidianità della prestazione, mentre per il collaboratore la semplice continuità della prestazione stessa” (Cass. 28.7.1995 n. 8260; Cass. 20.1.2001 n. 833).